Antifascismo sotto attacco. Trump e Memorandum antifa

Da quando l’attuale Presidente degli USA è in carica ci siamo dovuti abituare alle sue buffonate, ma non bisogna commettere l’errore di sottovalutarle, in quanto anche le dichiarazioni più incredibili si possono trasformare in qualcosa di ben più concreto e pericoloso.

Come è noto il personaggio in questione ha firmato il 22 settembre scorso un ennesimo “ordine esecutivo” nel quale definisce “antifa” come una “organizzazione terroristica interna”.

A questa decisione è seguita una riunione sullo stesso argomento alla quale hanno partecipato i massimi esponenti del Governo statunitense. Il Procuratore Generale ha giurato di “smantellare quella organizzazione mattone su mattone” e la Segretaria agli Interni ha paragonato “antifa” addirittura all’ISIS. Il Presidente ha dichiarato che: “dovrebbe essere chiaro a tutti gli americani che abbiamo una gravissima minaccia terroristica di sinistra nel nostro Paese” e ha promesso che la sua Amministrazione “sarà molto più minacciosa con loro di quanto loro non lo siano mai stati con noi, e questo vale anche per le persone che li finanziano”. Ha quindi chiesto al Ministero del Tesoro di aprire un’indagine per individuare le fonti di finanziamento di “antifa”. Alla riunione hanno partecipato, oltre ai già citati, anche esponenti del Ministero della Giustizia e gli alti livelli del FBI.

Non è necessario essere così creduloni da sopravvalutare l’intelligenza e la cultura dell’inquilino della Casa Bianca, ma nemmeno così ingenui da credere che nel suo staff non ci sia (almeno) una persona in grado di fare una semplice ricerca su Internet e scoprire che un’organizzazione chiamata “antifa” non esiste. Per cui era evidente fin da subito che quel termine è stato usato solo come specchietto per le allodole, in quanto l’obiettivo reale era molto più ampio. Come è apparso chiaro leggendo il “Memorandum (NSPM-7)”, firmato dal marito di Melanija Knavs e reso pubblico lo scorso 25 settembre, dal titolo: “Contrastare il terrorismo interno e la violenza politica organizzata”.

Il documento dovrebbe (secondo chi lo ha scritto) chiarire cosa si intende per “antifa”, termine che per altro compare solo una volta nelle sette pagine del testo. L’obiettivo del documento è infatti quello di dare le indicazioni necessarie per indagare, reprimere e perseguire legalmente i “sedicenti anti-fascisti” che costituiscono una minaccia contro gli USA e che sono i responsabili di tutti i problemi di ordine pubblico esistenti: dal dossieraggio contro gli agenti della “Polizia Anti-Immigrazione” all’omicidio di Charlie Kirk. La ragione di questo accanimento è dovuta al fatto che questi movimenti considerano che “i fondamentali principi americani, come il sostegno alla polizia e il controllo delle frontiere” siano fascisti. A questo bisogna aggiungere che essi con le loro attività portano “un violento assalto contro le istituzioni democratiche, i diritti costituzionali e le libertà fondamentali americane. I fili comuni che animano questa condotta violenta includono l’anti-americanismo, l’anticapitalismo e l’anti-cristianesimo; il sostegno al rovesciamento del governo degli Stati Uniti; l’estremismo su migrazione, razza e genere; l’ostilità verso coloro che hanno opinioni tradizionali americane sulla famiglia, la religione e la morale.”

Come è molto evidente il termine “antifa” è servito solo come etichetta di comodo per fare una lista delle idee espresse dalle persone che non sono allineate con l’ideologia governativa, che sono il reale bersaglio verso il quale sono indirizzate le prescrizioni di questo Memorandum. Alcuni commentatori politici statunitensi che hanno conservato un minimo di onestà intellettuale hanno fatto notare che le descrizioni come quelle contenute nel Memorandum mettono pesantemente a rischio la libertà di espressione e di critica e si prestano molto facilmente a scatenare una moderna “caccia alle streghe”.

Pensandoci su però anche dalle nostre parti il termine “antifascismo” non è che se la passi tanto bene. Da tre anni a questa parte è stato accomunato, nella quotidiana propaganda dei politici al Governo e dei loro sostenitori, a qualsiasi nefandezza. Non a caso l’impossibilità di alcuni politici a dirsi “antifascisti” spesso viene giustificata col fatto che l’antifascismo va considerato qualcosa di deprecabile, una volta attribuendogli tutta la responsabilità delle “foibe” e un’altra tutti gli omicidi dei militanti neo-fascisti avvenuti negli anni ’70. Per non dire poi della lotta armata.

La tattica è rozza ma viene applicata con determinazione e ostinazione e si inserisce all’interno del tentativo, fin troppo evidente, di riscrivere determinate pagine di storia, per esempio sminuendo la lotta di liberazione partigiana e riducendo l’antifascismo del dopoguerra a una lotta fra bande. Un continuo lavoro di mistificazione che approfitta di tutte le occasioni che si presentano, sia che si faccia riferimento a episodi recenti sia ad avvenimenti più lontani nel tempo. Ogni scusa è buona per denigrare l’antifascismo e, di conseguenza, tutte e tutti coloro che vi si riconoscevano ieri e vi si riconoscono ancora oggi. Nelle ultime settimane l’obiettivo sono state le persone che partecipavano alle manifestazioni di protesta contro la strage di Gaza, contro il Governo israeliano e contro la complicità di quello Italiano, per le quali hanno tirato in ballo persino le “Brigate Rosse”.

Va notato infine che attaccare in continuazione l’antifascismo significa attaccare automaticamente anche l’opposizione parlamentare e viceversa, il che è anche molto comodo. Sebbene in questo paese un’organizzazione chiamata “antifa” non esista e quindi metterla fuorilegge sarebbe complicato, non si può completamente escludere che, vista la quantità di fan che ha qui il Presidente degli USA, potrebbe venire in mente a qualcuno o a qualcuna di loro di scimmiottare, per l’ennesima volta, il suo modo di fare.

Del resto il Memorandum citato sopra, se si eliminano i riferimenti nazionali, ha un contenuto che sarebbe preoccupante anche per chiunque faccia opposizione sociale in Italia.

Pepsy

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